Si dice che l’origine della saggezza stia nella capacità di conservare il dubbio. Alla luce degli ultimi avvenimenti, alcuni dubbi su Grillo & Casaleggio affiorano. Da un lato c’è un’opera sotterranea di rivalutazione del passato: il pasticcio con le firme per il referendum nel 2008 è stata mera inettitudine del suo staff o è stato un modo per polarizzare il soon-to-be elettorato? Dall’altro mi chiedo: concentrare l’attenzione sulla forma fascistoide* del suo movimento mi sta facendo perdere di vista la rilevanza delle opportunità di cambiamento offerte dalla sua iniziativa?
Alla fine però, l’imperativo democratico ha comunque il sopravvento: la democrazia funziona se gli anticorpi entrano in azione al manifestarsi delle minacce, senza conceder loro il tempo di concretizzarsi. Come soldati semplici, gli anticorpi non possono concedersi il lusso di valutare autonomamente se la guerra che combattono è veramente giustificata. Il rischio che un gruppo che si muove in spregio delle regole democratiche ottenga il consenso necessario a stravolgere le medesime è troppo grande rispetto a qualsiasi ideale di rinnovamento o promessa che tale incursione, una volta ottenuto un potere quasi-assoluto, ne faccia uso solo a fin di bene.
Un sistema rimane democratico fintanto che le minoranze mantengono le proprie protective provisions come diritto sancito, non come gentile concessione. Ungheria docet.
Siccome la democrazia non è l’ordine naturale, affinché sopravviva a lungo termine non ci possono essere tentennamenti.
*: sì, un’organizzazione di intenti a scopo politico che non offre alcuna garanzia circa la possibilità di organizzazione del dissenso interno e nella quale il leader può inventarsi nuove regole alla bisogna senza alcuna necessità di consultazione è un’organizzazione fascistoide. A maggior ragione se tale organizzazione costruisce il consenso con modalità top-down.
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