Pare fatto conclamato che sostenere la cosiddetta private option dei servizi che tutelano la collettività (istruzione, sanità, etc.) sia una posizione di destra, mentre lo statalismo in Italia è considerato di sinistra. Dopo una stagione di progressismo post-comunista durante il quale le formazioni che si riconoscevano nel progetto dell’Ulivo avevano fatto propria l’idea di concorrenza tra pubblico e privato, col superamento dell’Ulivo questo paradigma si è incrinato e oggi una larga fetta del centro-sinistra ritiene che la private option danneggi i cittadini in quanto la proprietà degli organismi di gestione di tali servizi sarebbe l’unica forma di tutela del bene collettivo.
Innanzitutto definiamo correttamente il concetto di private option: tutti i cittadini che hanno diritto ad un determinato servizio pagato con il denaro dei contribuenti dovrebbero aver diritto ad ottenere l’espletamento di tale servizio da parte di un soggetto pubblico o privato a propria scelta, potendo scegliere tra soggetti che soddisfano una serie di requisiti definiti dallo Stato. La remunerazione dei soggetti che svolgono tali servizi, siano essi a capitale pubblico o privato, sarebbe quindi orientata al numero di prestazioni svolte attraverso strumenti quali i voucher, equiparando i criteri economici che determinano il costo dei servizi tra settore pubblico e privato.
La mia opinione è che la posizione statalista sia in realtà una soluzione conservatrice di destra, tutto il contrario di ciò che vorrebbero farci credere i suoi sostenitori. Vediamo perché:
In mondo in cui lo Stato gestisce un determinato servizio collettivo in proprio e non ammette la private option, si determinano le seguenti circostanze:
- la maggior parte degli enti che erogano il servizio sono pubblici;
- la fascia più ricca della popolazione ha la possibilità di utilizzare servizi privati a pagamento nelle tipologie di servizio che garantiscono uno standard superiore di soddisfazione del cliente, non necessariamente di risultato primario; ad es.: minori tempi di attesa, possibilità di acquistare servizi non-standard, etc;
- alcuni settori di servizio a livello pubblico si qualificano come eccellenze di risultato e sono portati come bandiera di successo, ma complessivamente l’offerta pubblica si allinea al livello della mediocrità;
- i dipendenti pubblici, in quanto bacino di voti, diventano azionisti di riferimento nelle scelte di indirizzo, perciò in periodo di espansione economica i loro redditi aumentano più dell’aumento di qualità dei servizi;
- la spesa pubblica aumenta e di conseguenza il debito pubblico e le tasse;
- con un carico fiscale più elevato, diminuiscono le persone che possono permettersi di ricorrere ai servizi privati nei settori in cui quelli pubblici sono deficitari;
- chi si rivolge a servizi privati sta comunque pagando la quota pubblica di quei servizi attraverso la fiscalità anche se non ne usufruisce e se tale quota di mercato diventa rilevante, a livello politico si rafforza la convinzione che sia necessario tagliare i servizi pubblici.
In altre parole, il cittadino che si rivolge alle strutture pubbliche ottiene un servizio mediamente scadente e l’incentivo a migliorare sparisce. La preoccupazione principale si concentra sul rischio che il servizio peggiori ulteriormente e la spesa pubblica diventa una bolla resistente. Bolla che determina in ultima istanza un aumento di gradimento delle politiche di destra.
Con la private option, si determina una concorrenza tra gli enti pubblici e le aziende private a parità di mezzi, coi seguenti risultati:
- se i manager del servizio pubblico sono capaci il numero di clienti aumenta e il servizio pubblico rimane preponderante;
- se invece il servizio pubblico è inefficiente, perde quote di mercato a favore di soggetti privati che garantiscono servizi migliori a parità di remunerazione, riducendo fenomeni inflattivi;
- il servizio pubblico funge da public option e quindi evita la proliferazione dei costi extra-voucher in ambito privato;
- se la remunerazione complessiva del sistema pubblico-privato è adeguata, il divario nel livello di soddisfazione del cliente tra servizi pagati dalla collettività e servizi pagati dai singoli si riduce, ovvero: anche il povero può accedere ad un servizio qualitativamente superiore;
- parte dei costi risparmiati vanno investiti nel controllo della qualità da parte di agenzie governative e in strumenti di premialità per le eccellenze, in modo che il rapporto tra qualità e remunerazione non sia semplicemente lineare.
Siccome la libera scelta favorisce un’allocazione ottimale delle risorse, il cittadino riceve un servizio migliore a parità di costi per lo Stato, con la conseguenza che un determinato livello di soddisfazione del cliente che nell’economia statalista era riservato a chi poteva permetterselo, con la private option diventa accessibile ad una più ampia fetta della popolazione. E questa, secondo me, è un’economia di sinistra.
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