In tenera età, gli esseri umani ricevono un imprinting che li condizionerà per il resto della loro vita. Le piccole esperienze di vita insegnano loro cosa c’è che non va nel mondo ed essi passeranno il resto della loro vita a tentare di aggiustarlo. L’impegno che gli uomini eccellenti hanno dimostrato per far prevalere il proprio coraggio e il proprio talento deriva da un imperativo morale che si costruisce fin da bambini.
Il problema della pedagogia moderna è che ha completamente distorto il senso dell’educazione. L’essere umano non è a priori un modello vitruviano di cui conservare intatte le caratteristiche di perfezione. L’essere umano nasce vuoto e inizia a riempire le proprie attitudini sulla base di ciò che riconosce come necessità. Senza necessità, senza mancanza, non esiste miglioramento, non esiste perfezione.
Al contrario, nel mondo di oggi, tutto il ruolo dei genitori e degli educatori è incentrato sul concetto che il bambino deve essere conservato intonso, che bisogna fare di tutto affinché non si provochi un trauma. Il bambino deve far scorrere la propria gioventù senza che ne rimanga traccia, senza che vi sia episodio spiacevole da ricordare. Avrà tempo da grande, dicono, per scegliere la propria strada.
Il risultato, penso, è sotto gli occhi di tutti. Educatori che non vogliono assumersi la responsabilità di determinare il futuro della prossima generazione hanno determinato la nascita della cosiddetta me generation, una generazione che a trent’anni suonati non ha costruito alcun talento e non sa ancora bene cosa vuole fare della propria vita.
Il dialogo coi propri figli è importante, ma non è sostitutivo dell’imprinting. L’imprinting avviene ad un’età in cui le parole sono ancora superflue. Se non riempite la testa dei vostri figli con una necessità, il vuoto sarà comunque riempito dalla segatura.